Secondo i dati più aggiornati, forniti dal Ministero della Salute e relativi a settembre 2022, quasi il 94% della popolazione sopra i 12 anni residente in Italia ha completato il ciclo vaccinale primario (almeno 1 dose, entrambe le dosi o guariti negli ultimi 6 mesi senza vaccinazioni), l’84% circa ha praticato la I dose booster ed il 21% anche la II.
Tali dati ci indicano una platea di oltre 50 milioni di persone in qualche modo coinvolte dalla campagna vaccinale.
Tuttavia alcuni dati mostrano l’importanza dei controlli cardiologici dopo il vaccino covid-19.
Cosa sono i vaccini e come funzionano
I vaccini sono preparati biologici creati allo scopo di attivare un’immunità acquisita, cioè una difesa nei confronti di infezioni particolarmente contagiose e pericolose.
I vaccini anti-COVID-19 finora utilizzati si distinguono, sulla base del meccanismo d’azione, in:
- Vaccini a mRNA (Comirnaty Pfizer e Spikevax Moderna), che contengono molecole di acido ribonucleico messaggero, che include i codici per la produzione della proteina virale Spike che permette l’ingresso nelle cellule, aderendo ad un recettore specifico (ACE2).
Una volta che la cellula della persona vaccinata incomincia a sintetizzare le proteine Spike, queste ultime stimolano le difese immunitarie a produrre gli anticorpi utilizzabili in caso di nuovo contatto con tale Proteina.
- Vaccini a vettore virale (Vaxzevria AstraZeneca e Jcovden Janssen), che utilizzano un virus vettore (adenovirus resi incapaci a replicarsi e quindi innocui), che contiene il materiale genetico che codifica per la stessa Proteina Spike. Tappe successive comuni con i Vaccini a mRNA.
- Vaccini a subunità proteica (Nuvaxovid Novavax), che utilizzano frammenti proteici del virus. In particolare una porzione del DNA contenente i codici per la produzione della proteina Spike viene inserita all’interno di un baculovirus che infetterà in laboratorio alcune cellule che produrranno la proteina Spike.
Questa sarà successivamente estratta e purificata, dando origine a nanoparticelle virali contenenti fino a 14 spike, che saranno poi inserite nei vaccini.
I principi di tali vaccini sono quelli di non utilizzare virus, né attenuati né resi inattivi, bensì proteine o materiale genetico che codifichino per quest’ultime, riducendo ulteriormente i rischi di complicanze che, seppur rare, prevalgono nel caso di utilizzo di virus attenuati.
Possibili complicanze dopo il vaccino covid-19
Tra le complicanze dei vaccini a mRNA hanno suscitato preoccupazione la segnalazione da parte del centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC di Atlanta) di miocarditi (con o senza pericarditi), nonché quella di frequenti trombosi correlate ai vaccini a vettore virale.
Miocarditi
Con il termine di miocardite intendiamo un’infiammazione del miocardio, tessuto prevalentemente muscolare che costituisce il cuore, con conseguente morte delle cellule.
Tra le principali cause di miocardite troviamo le infezioni virali (da Adenovirus, Coxsachie, Herpes ecc.), mentre batteri ed altri germi sono meno coinvolti.
Altre cause sono da ricercare in malattie reumatiche ed auto-immunitarie, nonché a danni da farmaci (tipo antitumorali ecc.) o da sostanze tossiche.
I sintomi della miocardite sono variabili e numerosi, potendo comprendere il dolore toracico, la stanchezza generale, le aritmie, talora pericolose (da interessamento del tessuto cardiaco pace-maker), oltre che i segni di scompenso cardiaco (fame d’aria, edemi, ipotensione, svenimenti ecc.), quelli generali (febbre, rallentamento ideo-motorio ecc.), nonché quelli riconducibili alla causa della miocardite stessa.
La diagnosi prevede il ricorso all’anamnesi, all’esame obiettivo (con valutazione dei parametri vitali: frequenza cardiaca e respiratoria, saturazione di ossigeno ecc.) oltre che ad esami laboratoristici (compresi gli enzimi cardiaci) e, soprattutto, esami strumentali cardiologici (elettrocardiogramma ed ecocardiogramma in primis, con RMN Cardiaca od Angio-TC come successivo step).
Nei casi più impegnativi può essere presa in considerazione la biopsia cardiaca.
La terapia, oltre che i farmaci correlati alla cardiopatia in atto, necessiterà di quelli utilizzabili per le cause della miocardite.
Una recente analisi delle miocarditi post-vaccino anti COVID-19, sui dati di decine di ospedali americani, ha individuato 20 episodi di miocardite in oltre di 2 milioni di persone vaccinate, con un tasso di incidenza pari a 1 caso ogni 100.000 individui, contro l’1,9 casi di pericarditi per 100.000 vaccinati.
Circa i 3/4 dei casi sono attribuibili al sesso maschile, mentre nel confronto con la pericardite i pazienti affetti da miocardite post-vaccino erano più giovani (36 anni vs 59), manifestando la malattia in epoche più precoci (3,5 giorni dopo la vaccinazione contro i 20 della pericardite).
Un analogo studio britannico, ha valutato gli esiti su 43 milioni di vaccinati, individuando 2.861 pazienti che sono state ricoverate o che sono decedute per miocardite, corrispondente allo 0,007% dei vaccinati (vale a dire 0,7 casi su 100.000 vaccinati).
Il rischio di miocardite è risultato globalmente basso (anche se la casistica fa riferimento a pazienti ospedalizzati), prevalendo nei giovani maschi rispetto alla popolazione generale, con incidenza e gravità minore rispetto a quelle comparse nel corso dell’infezione da COVID-19.
Da 1,3 a 1,7 volte sono risultati maggiormente coinvolti i vaccini AstraZeneca e pfizer.
I dati italiani forniti dai Rapporti AIFA confermano l’andamento evidenziato dagli altri dati europei, risultando anche in parte inferiori.
Le trombosi venose
Per trombosi venosa si intende l’ostruzione (parziale o totale) di una vena (superficiale o profonda) da parte di un trombo, vale a dire di un coagulo di sangue, formatosi a causa di una ipercoagulabilità del sangue, di lesioni delle pareti venose e\o di condizioni che ostacolano il ritorno venoso.
Tipiche sono le trombosi venose profonde a carico degli arti inferiori (generalmente coscia e, soprattutto, polpaccio), la cui pericolosità non è solo locale (algie, edemi ed infiammazione) ma anche distale, a seguito del possibile distacco di parte del trombo, con trasporto fino a livello della circolazione polmonare ove può provocare la pericolosa trombo-embolia polmonare.
Esistono evidenze che l’infezione da COVID-19 predisponga a uno stato protrombotico attraverso meccanismi diretti (microvasculite dovuta a danno virale), meccanismi indiretti (alterato controllo del recettore ACE2, carenza di ossigeno ecc.) e persino meccanismi comportamentali (diminuzione della deambulazione, allettamento ecc.).
Tale stato protrombotico aumenta il rischio di tromboembolismo, come la trombosi venosa profonda (TVP) e la tromboembolia polmonare (TEP).
Le trombosi venose profonde sono state segnalate come evento avverso successivo alla vaccinazione anti-COVID-19 in circa 0,7 casi su 100.000 vaccinati, riconducibili ai vaccini a vettore virale (AstraZeneca e Johnson & Johnson).
I soggetti coinvolti sono risultati essere donne vaccinate di età inferiore ai 50 anni, con localizzazioni in sedi definibili inusuali, tipo a livello venoso cerebrale od addominale.
Tali episodi sono accompagnati dalla presenza di auto-anticorpi (anti-PF4) diretti verso le piastrine, causa sia della riduzione che dell’attivazione delle piastrine stesse.
A seguito di tali eventi avversi, i vaccini a vettore virale non sono stati più somministrati a persone sotto i 60 anni di età.
La diagnosi di TVP degli arti inferiori si basa inizialmente sulla narrazione anamnestica e sull’esame obiettivo, risultando generalmente agevole tramite ecocolordoppler.
Risultano invece necessari esami strumentali più approfonditi (es. T.C.) in caso di trombosi in sedi atipiche.
La terapia è prevalentemente riconducibile all’eparina, generalmente utilizzata anche come profilassi degli eventi trombotici o, in alternativa ai nuovi anti-coagulanti orali (NAO).
Controlli cardiologici dopo il vaccino covid-19
Tali dati, pur in parte rassicuranti per i pochi casi individuati, confermano una correlazione tra vaccinazione anti-COVID-19 e comparsa di miocardite (e pericardite) da un lato e di trombosi venose dall’altro, suggerendo la necessità di accurati controlli specialistici cardiologici successive a tali vaccinazioni, specie in presenza di fattori di rischio e\o sintomi anche solo modesti.
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Dr Giuseppe Lavecchia – Specialista in Cardiologia
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